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Altro che Metaverso: la guerra è reale (e digitale)

L’appuntamento domenicale con l’approfondimento di Paola Liberace, coordinatrice scientifica dell’Istituto per la Cultura dell’Innovazione

Tra i resoconti dell’invasione russa in Ucraina, da qualche giorno rimbalzano notizie come lo stop alla distribuzione e alla vendita di dispositivi tech (in primis gli smartphone, ma anche i loro componenti come i chip) e di sistemi operativi e software, il blocco di servizi come la connessione a Internet, l’accesso ai social media e più in generale ai canali di informazione online, l’interruzione alla pianificazione di web marketing, e l’utilizzo di pagamenti elettronici. In qualche caso si tratta di aggiornamenti relativi alle iniziative prese contro la Russia, in altri casi se ne fa cenno a proposito delle misure decise dallo stesso Cremlino in risposta; ma in entrambi i casi si tratta di un’ulteriore prova – se ce ne fosse bisogno – che nell’era della Rete globale, guerra significhi anche guerra digitale, non solo in termini di attacchi informatici (ed è certamente significativo che su entrambi i fronti sin dal primo giorno della guerra siano stati schierati grandi network di hacker come Anonymous e Conti), ma più in generale, come embargo fisico e virtuale.

La prima riflessione che si può fare di fronte alla situazione rivelata dalla guerra ucraina è dunque questa: l’indisponibilità di servizi ormai considerati essenziali, come quelli menzionati, fa altrettanta notizia (e provoca altrettanti danni) che la sospensione dell’erogazione di acqua e di energia. Come dire, siamo alla base della piramide di Maslow, al livello dei bisogni primari per la sopravvivenza dell’uomo. Ma ci sono almeno altre due riflessioni da considerare. Appena prima che l’attenzione mediatica fosse costretta a precipitarsi sul conflitto scatenato dalla Russia, non si parlava che di metaverso, enfatizzando in particolare la dimensione virtuale dell’universo parallelo che Facebook ha tentato di monopolizzare, almeno onomasticamente, con il suo rebranding in “Meta”. A questo punto abbiamo, al contrario, la dolorosa conferma del perdurante primato della realtà nel senso più tradizionale, che è ben lungi dall’essere stata relegata nella soffitta della storia, e che anzi ha distinto nettamente tra la tecnologia funzionale e quella superflua, risospingendo quest’ultima in cima alla stessa piramide di Maslow – occupata dalle esigenze che possono essere soddisfatte solo quando tutte le altre sono già al sicuro.

La terza e ultima riflessione riguarda il destino della globalizzazione, che è stata la condizione abilitante dell’avvento massiccio del digitale, e dello sviluppo stesso della Rete. Nessuno può dire oggi come si svilupperanno gli eventi, quale sarà il corso della guerra, e se la dimensione globale dei servizi di comunicazione e della distribuzione dei dispositivi di accesso ad esse sarà ripristinata. L’impressione, tuttavia, è che la discontinuità segnata dagli eventi bellici non sia transitoria, ma destinata a cambiare il carattere stesso dell’esperienza “onlife”, per citare Luciano Floridi, fino ad oggi rassicurante “nonluogo” che accoglie allo stesso modo tutti gli account che la popolano. Da regola potrebbe diventare eccezione: il fatto stesso di aver sperimentato questa transizione potrebbe essere segnare nel profondo la nostra vita globale e connessa, una condizione che abbiamo forse data troppo presto per conquista assodata.

(fonte: Startmag.it)

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