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Competenze digitali, ecco come cambia il framework europeo

L’appuntamento domenicale con l’approfondimento di Paola Liberace, coordinatrice scientifica dell’Istituto per la Cultura dell’Innovazione

È stata appena pubblicata dalla Commissione europea la nuova versione dello standard DigComp, il framework europeo per le competenze digitali, che secondo la Commissione “svolgerà un ruolo centrale nel raggiungimento dell’obiettivo dell’Ue di almeno l’80% della popolazione in possesso di competenze digitali di base entro il 2030, come delineato nel piano d’azione del pilastro europeo dei diritti sociali e nella bussola digitale dell’Ue per il 2030” – obiettivo fondamentale per garantire l’inclusione e la partecipazione al mercato del lavoro e alla società.

La versione 2.2, rivista e integrata dopo una consultazione pubblica durata diversi mesi, conserva sostanzialmente il modello concettuale messo a punto nelle precedenti, composto di 21 competenze articolate in cinque aree fondamentali – informazione e data literacy, comunicazione e collaborazione, creazione di contenuti digitali, sicurezza e problem solving – e distribuite su otto livelli di complessità crescente – da quello base a quello altamente specializzato. La novità principale riguarda invece la dimensione numero 4, introdotta in questa versione, che contiene esempi aggiornati di conoscenze, abilità e attitudini proprie di ogni competenza.

Sfogliando il nuovo standard, compare così un elenco di possibili affermazioni (più di 250) rappresentative della competenza di volta in volta in questione (es. “so utilizzare strumenti e tecnologie digitali in un contesto di lavoro a distanza per la generazione di idee e la co-creazione di contenuti digitali, come mappe mentali, lavagne condivise, e piattaforme di sondaggio”; oppure “sono consapevole che i motori di ricerca, i social media e le piattaforme di contenuti utilizzano spesso algoritmi di intelligenza artificiale per generare risposte adattate al singolo utente”). Ad essere evidenziate sono in particolare quelle legate ai temi dell’intelligenza artificiale, del lavoro a distanza e dell’accessibilità – dimostratisi snodi cruciali per l’effettiva applicazione delle competenze digitali. Un’enfasi particolare è posta anche sull’obiettivo dell’alfabetizzazione digitale, in particolare finalizzata alla verifica dei contenuti online e delle relative fonti – problema quanto mai attuale alla luce del dilagare della disinformazione in Rete.

La scelta di consolidare il modello, recependo le innovazioni al livello della declinazione e di ogni singola competenza invece di intervenire sul quadro generale, appare quanto mai opportuna. Di fatto, in un momento storico contraddistinto dalla continua comparsa di nuove tecnologie digitali (o piuttosto di nuovi nomi per tecnologie preesistenti, come nel caso del famigerato metaverso), la difficoltà di fronteggiare concettualmente il proliferare delle innovazioni potrebbe far sorgere la tentazione di moltiplicare le competenze stesse, o rimetterne in discussione l’articolazione: e le indiscrezioni trapelate nella fase di aggiornamento sembravano accennare a un’evoluzione in questa direzione. Al contrario, l’orientamento dei ricercatori del Joint Research Center conferma l’inquadramento delle nuove tecnologie (in primis l’AI) per quello che sono: non un presupposto metodologico, ma un campo di applicazione delle competenze stesse. Le quali vanno quindi sviluppate indipendentemente dalla singola occasione, dal singolo processo, dal singolo strumento in cui verranno tradotte in abilità, conoscenze e attitudini e messe alla prova.

(Articolo pubblicato su Startmag.it)

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