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Gli effetti della guerra sulla transizione ecologica

L’appuntamento domenicale con l’approfondimento di Paola Liberace, coordinatrice scientifica dell’Istituto per la Cultura dell’Innovazione

 

La guerra potrebbe essere, per la transizione ecologica, quello che la pandemia è stata per la transizione digitale: un formidabile acceleratore. Non è detto, tuttavia, che questa accelerazione proceda nella direzione che speravamo. L’invasione russa dell’Ucraina, che ha trasformato gli scenari geopolitici ed economici, minaccia un impatto pesante soprattutto sul fronte energetico, schiudendo incognite sul futuro dell’approvvigionamento di gas e petrolio, in particolare per l’Europa e per i paesi maggiormente dipendenti dalle forniture di Mosca: ma ad essere messa in discussione è più in generale la dieta energetica dell’intero Occidente, alle prese con il caro bollette, con i rincari dei carburanti e con le conseguenti incertezze sulla crescita.

I riflessi sulle scelte private e pubbliche non si sono fatti attendere: dal boom di ordini di auto elettriche degli Usa al via libera italiano sull’installazione del fotovoltaico, per la quale dal 1 marzo è in vigore una procedura semplificata. Due esempi eloquenti, anche nella loro insufficienza: entrambi riportano infatti al persistente problema di fondo, la rottura dell’unità commerciale assicurata dalla globalizzazione, che ha messo a repentaglio anche la disponibilità di materie prime indispensabili – tra l’altro – alla fabbricazione delle batterie e alla produzione di pannelli. E così, alla rinnovata enfasi sull’importanza delle fonti rinnovabili fanno riscontro il posticipo della chiusura di centrali nucleari, e addirittura le ipotesi di riapertura di centrali a carbone, per aumentare l’indipendenza energetica. Non proprio l’idea di transizione che ci eravamo fatti, la quale – ora ce ne accorgiamo distintamente – dipendeva da un contesto ben preciso, forse venuto irreversibilmente meno.

In questa chiave, l’innovazione continua a giocare un ruolo cruciale: non solo quella tecnologica, con il suo portato di risorse e sistemi necessari all’implementazione, che rappresenta solo uno degli ingredienti abilitanti, ma quella di processo, quella normativa e soprattutto quella culturale. Qualche risposta in questo senso è già arrivata dall’economia circolare, in particolare per quanto riguarda le batterie – segnale raccolto dal Parlamento Europeo, che qualche giorno fa ha discusso e approvato la nuova normativa per regolare progettazione, produzione e riciclo di questo componente essenziale per qualsiasi dispositivo, dagli smartphone ai veicoli elettrici. Un fattore senz’altro critico, in uno scenario che mette a dura prova le imprese (non solo le più energivore) sarà poi la capacità di aumentare l’efficienza energetica, investendo nel rinnovamento degli impianti ben oltre l’ottenimento immediato degli incentivi, in un’ottica di lungo periodo.  Lungo, ben più dei tempi dell’emergenza energetica; lungo come i tempi necessari a una transizione solida ed equilibrata; troppo lungo, probabilmente, per i tempi della transizione forzata dettata dalla guerra.

(fonte: Startmag.it)

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