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La guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina

L’amministrazione Trump vuole rendere più stringenti le norme che regolano il commercio di tecnologie dagli Stati Uniti alla Cina. Come riporta l’agenzia di stampa Reuters, il governo americano teme che Pechino utilizzi per scopi militari delle tecnologie destinate invece ad un uso civile.

Queste misure restrittive all’export – di cui si discute molto già dallo scorso febbraio – non sono ancora state adottate ufficialmente, ma dovrebbero introdurre delle clausole che consentiranno a Washington di bloccare la vendita ad aziende cinesi di semiconduttori, apparecchi radar e materiale simile.

I “falchi” anti-cinesi nell’amministrazione Trump spingono da tempo per una revisione normativa di questo tipo. Gli Stati Uniti autorizzano o meno alcune esportazioni a seconda della destinazione d’uso dei beni, se civile o militare. Ma questa distinzione – sostengono gli hardliners – deve essere superata, perché in Cina sarebbe parecchio sfumata. Si parla in questo caso di tecnologie duali, ossia di tecnologie applicate sia in ambiti civili che militari. Come ad esempio l’intelligenza artificiale.

Ieri il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha invitato gli Stati Uniti a smetterla con queste «calunnie» e ad impegnarsi di più per promuovere la cooperazione bilaterale.

Cosa pensano le aziende americane

Ad opporsi alle restrizioni commerciali sono però anche le aziende tecnologiche americane – specializzate nella produzione di chip, nell’intelligenza artificiale o nelle biotecnologie –, che temono di perdere un mercato fondamentale. Sostengono inoltre che limitare gli scambi tra le due nazioni rappresenti un danno non solo economico ma anche strategico: col tempo gli Stati Uniti potrebbero cioè venire superati da paesi con un accesso illimitato alla Cina, perdendo così il loro primato tecnologico.

La strategia di Trump

In realtà la strategia di Donald Trump – portata avanti con una “guerra commerciale” che va ben oltre i dazi – punta esattamente a garantire la superiorità tecnologica americana e ad impedire l’ascesa cinese. Che la Cina rappresenti una minaccia per l’America è peraltro un’opinione non confinata all’interno del Partito Repubblicano. Attraverso la trade war, insomma, l’amministrazione Trump vuole forzare Pechino ad abbandonare i furti di proprietà intellettuale o l’offerta di sussidi statali alle proprie aziende. Le azioni di Washington si sono concentrate soprattutto contro il colosso delle telecomunicazioni Huawei, o in direzione di un maggiore accaparramento di terre rare.

La strategia di Xi

La Cina di Xi Jinping, d’altra parte, ambisce a raggiungere la leadership tecnologica nei prossimi anni, puntando in particolare sull’intelligenza artificiale. Dominare le nuove tecnologie significherà avere un vantaggio determinante sugli altri paesi sia a livello industriale ed economico, sia scientifico, sia militare.

Pechino si sta già muovendo in tal senso – il piano “Made in China 2025” è stato presentato nel 2015 –, e ultimamente ha accelerato parecchio sul versante dell’autosufficienza tecnologica. Lo scorso dicembre, ad esempio, il governo cinese ha imposto a tutti gli uffici pubblici di smettere di utilizzare hardware e software stranieri (come Windows e macOS) entro il 2022. La direttiva è stata definita «la singola decisione geopolitica di maggiore impatto che sia stata presa negli ultimi decenni».

L’articolo è stato pubblicato originariamente su eastwest.

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